Progressive Music Planet

Review – Surrounding The Void

by Rob

Swiss band Palmer have a rather basic, non descriptive name. But don’t be fooled. “Surrounding The Void” is powerful, epic release that combines Neurosis like post metal with an ambient, jazz vibe that gives the album depth and dichotomy. There’s a lot here to take in, assuming you can handle it.

Other bands that come to mind are two of my favorites: Cult of Luna and ISIS. This is not to say that Palmer ever copy either, or Neurosis for that matter. However, the opener, “Home is Where I Lead You” is very much in the vein of those bands when it comes to power and brutality. “Misery” is aptly named and I like that “Divergent” does just that toward the end of the track.

But where the band really separates themselves are the ethereal instrumentals like “Artein.” This track comes at the right time of the album and showcases the band’s melodic side and sense of atmosphere. “Digital Individual” has a killer riff and feels a bit Tool-like musically, another great track. “Fate_Hope” is another VERY atmospheric track. The spoken vocal part actually don’t bother me either (normally I am not a fan of that style). The album closes with a great combo. “Rising” is a brutal epic, while “Implosion” brings the listener safely back to reality.

Palmer have something interesting to offer as they combine the post metal riffage of Cult of Luna and Neurosis but really expand on the atmospheric side of that style. “Surrounding the Void” is an album that has a lot going on. I love that I’ve heard more things each time that I’ve listened to it, and I plan on listening more and more!

Rating: 8.5/10

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The Pit Of The Damned

Review – Surrounding The Void

by Francesco Scarci

Sarò franco: sebbene gli svizzeri Palmer calchino la scena da oltre 16 anni, io non ne avevo mai sentito parlare, almeno fino ad oggi. La Czar of Bullets contribuisce infatti a diradare la mia ignoranza, inviandomi quello che è il terzo album della band alpina, ‘Surrounding the Void’. Un digipack contenente nove brani che “oscillano da qualche parte tra il post metal e il prog rock con timbriche sferiche”. Ecco come desiderano essere identificati gli elvetici, che con la classica formazione a quattro (voce, basso, batteria e chitarra), sfoderano una prova, per dire in modo semplicistico, robusta. “Home is Where I Lead You” colpisce per il suo growling rabbioso e l’incisività delle ritmiche, grazie ad un riffing corposo che coniuga gli insegnamenti di molteplici band, da Neurosis a Black Sabbath, passando attraverso High on Fire, Meshuggah e primi Mastodon. Insomma, idee chiare su dove collocare stilisticamente i Palmer? “Misery” dice che la ritmica si fa ancor più rallentata, ben più profonda e che addirittura c’è spazio per qualche fuga in territori post rock, grazie a qualche simpatica parte acustica, che taglia la tensione saturante l’aria. Le song non appaiono di certo cosi lineari nel loro svolgimento e una certa carenza in fatto di melodie, non ne agevola l’ascolto, che alla fine risulterà parecchio impegnativo. Ma l’impegno nel dover ascoltare questo disco non è necessariamente un fatto negativo, spinge semmai a molteplici ascolti, ed in generale ad una più estesa longevità del disco. “Divergent” ha un incedere dilatato che evoca inesorabilmente le ultime cose più sludge di Scott Kelly e soci, con una seconda parte affidata ad una visionaria, nonché noisy, rivisitazione del sound della band californiana. Che gli svizzeri non fossero degli sprovveduti, l’avevo già intuito da tutta una serie di piccoli segnali, ma dopo aver sentito di che cosa sono capaci qui ma soprattutto nella successiva “Artein”, mi ritrovo a sottolineare le notevoli capacità tecniche di questo quartetto. A parte che mi sembra di aver a che fare con una nuova band, questa volta dedita ad un prog rock strumentale; dovreste sentire con quale classe ed eleganza, i nostri si destreggiano con la loro strumentazione. Con “Digital Individual” si torna a pestare sul pedale dell’acceleratore con un’altra song irrequieta, che nel break centrale si concede questa volta a divagazioni prog/jazz, che consentono al combo bernese di prendere un po’ più le distanze dai gods citati ad inizio recensione e togliersi l’etichetta di meri emulatori. Direi a questo punto che è nella seconda parte di questo disco che si racchiudono le peculiarità di questi musicisti: dall’intimismo di “Fate Hope”, in cui il vocalist Steve prova anche a modulare maggiormente la propria timbrica, alla più tumultuosa “Importunity”, granitica nel suo rifferama, qui a tratti melodico. Il disco è lungo, oltre i 60 minuti e quando si arriva verso il fondo, mi sento ormai piegato sulle gambe, sfiancato dal lavoro tortuoso a livello ritmico, di cui farei un plauso al bravissimo Remo dietro alle pelli e a Jan alle chitarre, per l’eccellente lavoro proposto in una traccia dinamica com’è “Rising”. Non posso soprassedere a questo punto nel non citare anche Ueli, preciso con quei suoi fendenti di basso, che completano il quadro di una band matura al punto giusto per fare quel salto di qualità che ci si aspetterebbe da una band sulla scena da parecchio tempo. D’altro canto, io non li conoscevo proprio fino a ieri, ma oggi posso certamente affermare che i Palmer sono una band da supportare alla grande.